PLAYING THE FOLK
ROBERTO FEGA
Roberto Fega _ elettronica
Dalle note di copertina: "Il mio amore per la musica etnica mi porta, questa volta, a decostruire temi e brani della musica etnica e popolare. I contributi che manipolo provengono da musicisti ricercatori di musica etnica e popolare: Federico Pascucci (Italia), Juliana Azevedo (Portogallo), Selen Çapaci (Turchia), Valerio Mileto (Italia), Mubin Dunen (Kurdistan) e Massimiliano Felice (Italia)".
"(...) In uscita per Setola di Maiale, l'album Playing the folk di Roberto Fega con uno spirito di 'trasformazione'. Outsider, underground e personaggio off della musica sperimentale europea, Robero Fega ( electronics) ci delizia con il suo nuovo cd. Siderale e concettuale, le undici perle scavano in profondità creando una indimenticabile figura, complessa e misteriosa. A guidare il flusso ondulato, poliritmico e ambiguo in termini di genere della musica beat organica in continua evoluzione di Fega, è una strategia non molto lontana da quella impiegata da Miles Davis su On The Corner. Qui, momenti da continue performance improvvisate. Gaza Kids Voices e Inside The Head si dividono tra un sound Warp e la lezione spiazzante di Makaya McCraven, Accents è avanguardia, mentre Drama Köprüsü e Magical Atmosphere sono un omaggio a Joe Zawinul e al suo (pensiero) etno jazz futurista. Playing the folk è unico rispetto a qualsiasi altra registrazione del 2024: unisce musicalità virtuosa, esperienza tecnologica, un acuto orecchio da editor per l'ispirazione creativa e una pletora di groove onnipotenti. I contributi che manipola provengono da musicisti ricercatori di musica etnica e popolare come Federico Pascucci (Italia), Juliana Azevedo (Portogallo), Selen Çapaci (Turchia), Valerio Mileto (Italia), Mubin Dunen (Kurdistan) e Massimiliano Felice (Italia). Roberto Fega è decisamente interessante la cui musica creativa altamente originale fonde jazz, hip-hop, elettronica e tradizioni ritmiche globali. Sorprendente." Windout, 2024.
"(...) Come già detto in precedenti occasioni, l’arte della de/ri-costruzione nasconde molte insidie che spesso si rivelano insostenibili. Grazie all’appiglio filosofico di Deleuze nella musica del secondo novecento si è aperto un solco di creatività e di esperimenti che hanno visto nel mezzo tecnologico il loro driver discriminatorio; la problematica della manipolazione elettronica non ha portato sempre buoni frutti e l’attuale, imperante de/ri-costruzione che gira intorno alla musica di tutto il mondo non sembra appropriarsi di particolari concetti di bellezza. Per dirla in breve, il mezzo tecnologico porta l’estetica fuori binario.
Nel suo Playing The Folk, Roberto Fega cerca di mantenere un ponte efficace tra i temi della musica popolare e l’atto della manipolazione e non fa certo parte dell’area musicale di cui accennavo prima; la sua è un’operazione rispettosa, che si nutre di frammenti musicali di cantanti e musicisti-ricercatori di folk e musica popolare di altri paesi, un’operazione che porta con sé anche una mentalità del far musica e della vita. La selezione degli autori che Fega prende in considerazione non è casuale, si basa evidentemente sull’ascolto e sul rinnovo delle risorse e stavolta è andata nella direzione degli italiani Federico Pascucci, Valerio Mileto e Massimiliano Felice, della portoghese Juliana Azevedo, del turco Selen Capaci e del cantante Mubin Dunen del Kurdistan; probabilmente Playing The Folk può considerarsi un outtakes dei due volumi di Folk!, contiene delle piccole perle come l’iniziale Gaza Kids Voice, in cui la sostanza techno è perfettamente amalgamata con i frammenti di taksim e oud tratti da una canzone di Mileto e la vocina in eco di un bambino; oppure come i quasi sette minuti di Inside The Head, dove il battito e il campionamento reggono armonicamente una struttura modificata di un coro tradizionale portoghese che proviene dalle risorse di Azevedo; o ancora come Salterello, in cui Fega con genialità tiene uniti i frammenti di una danza popolare ‘rubata’ a Massimiliano Felice e una fisarmonica diatonica.
Playing The Folk stuzzica probabilmente l’attuale presa di coscienza di Fega sui fatti del mondo, realizzando con sagacia una classificazione degli ambienti che ha due facce, una inquieta e l’altra che vive in pace una finzione." Ettore Garzia, Percorsi Musicali, 2024.
“(…) Roberto Fega è un musicista autentico e innovativo, costantemente impegnato in esperienze artistiche caratterizzate da una profonda ricerca. La sua sensibilità gli consente di assorbire influenze da diversi ambiti musicali, dal jazz all’elettroacustica. Il suo ultimo album, Playing The Folk, pubblicato dalla label Setola di Maiale, rappresenta un affascinante e originale viaggio sonoro.
Questo lavoro nasce dall’amore di Fega per la musica etnica, che lo ha spinto a decostruire temi e canzoni appartenenti a questa tradizione, così come a quella popolare.
Undici tracce, caratterizzate da ritmi fluidi e poliritmi, danno vita a un percorso intricato e affascinante, in continua evoluzione, offrendo un’esperienza sonora unica.
In apertura, Gaza Kids con Valerio Mileto all’oud è una traccia che fonde texture elettroniche con le melodie destrutturate del cordofono. Questo brano combina suoni scoppiettanti e voci sparse, creando un’atmosfera tumultuosa. Il risultato è un caos distorto, un’istantanea di un’esperienza che sembra fuori controllo.
Oriental Sunrise è una composizione avvolgente, che si sviluppa attorno alle armonie del sax tenore di Federico Pascucci. Man mano che la traccia progredisce, le sonorità si fanno sempre più sintetizzate, creando un’esperienza immersiva in cui la fusione di elementi musicali la rende straordinariamente affascinante e in grado di stupire l’ascoltatore.
Accents è una composizione audace e pulsante, che unisce l’oud e l’elettronica in un dialogo ossessivo e coinvolgente. Questa formula, dal potente impatto sonoro, si evolve in un susseguirsi di ronzii, voci modulate e impulsi elettronici altamente imprevedibili, culminando in un finale ambizioso e profondamente sperimentale.
Wind è un paesaggio sonoro rarefatto in cui si manifesta il suono del ney turco di Mübin Dünen. Questa composizione si presenta come una preghiera avanguardista, caratterizzata da frequenze radio che trasformano e amplificano l’espressività della voce di Dünen.
Playing The Folk è l’album più inquieto di Roberto Fega, un’opera avventurosa, appassionata e altamente originale che fonde jazz, hip-hop, elettronica e tradizioni ritmiche globali, creando un’esperienza musicale unica e coinvolgente.” Mario Ariano, Radioaktiv, 2024.
“(…) Tra il lavoro etno-antropologico di Lomax e la visione emotiva di My Life in the Bush of Ghosts, il musicista romano prosegue un’elaborazione che è suono, concetto e passione politica, raccogliendo i suoni del mondo con il contributo di antenne sensibili (Valerio Mileto, Federico Pascucci, etc.). Ri/compone un mosaico dove la tradizione ha il significato mahleriano di fuoco da tenere acceso. Che sia glitch (Gaza Kids Voices), trans-dub (Magical Atmosphere), elettronica etno (Ah Bir Ataş Ver), pixel dispersi di funk globale (Tô), passano subito e sempre le vibrazioni di esistenze in lotta e che aspirano a ben altro. L’uso del digitale non è autoptico, non ricostruisce un mosaico statico, crea invece una fitta rete di connessioni neurali sensibili agli stimoli del presente terribile che viviamo, alle nostre memorie. Un’opera dialogante con ognuno di noi, viva, che ci interroga. [7.8]” Dionisio Capuano, BlowUp, 2024.
"(...) Del passato musicale di Roberto Fega ci siamo occupati spesso su queste pagine. L’immagine di copertina del suo ultimo disco presenta due mani che si intrecciano, quasi ad esprimere un codice che non conosciamo, in un gesto di comunicazione non strettamente rivolto a noi. Roberto spiega come il suo amore per la musica etnica lo abbia portato a decostruirne in questo frangente temi e canzoni, manipolando contributi audio di musicisti che fossero anche ricercatori nell’ambito della musica folk ed etnica: Federico Pascucci, Juliana Azevedo, Selen Çapaci, Valerio Mileto, Mubin Dunen e Massimiliano Felice. Così facendo Roberto si è assicurando una banca musicale speziata ed eterogenea, che ha poi utilizzato per creare una sorta di suite in più movimenti, dove il jazz esonda e si fa musica fantascientifica, portando la tradizione direttamente nel futuro. La tromba imperversa fra saporti mediorientali passando attraverso collettori che ne distorcono contesto e tappeto. Francamente difficile non uscirne ubriacati ed ancora più complicato è tenere il timone su una sorta di viaggio, nel caso fosse quello il progetto di Playing the Folk: sembrerebbe al contrario una commistione in un mare magnum sonoro come può esserlo quello dei popoli che su questa terra si sono dispersi. Il tutto è trattato e mantecato in un lingo che ha molto del sentore dub, che confonde e fa perdere le sue tracce. Siamo in una modernitâ nella quale digitale e tradizionale non hanno che la coabitazione come scenario possibile, parlando con voci che sono le medesime. Mi è capitato più volte ultimamente di ascoltare dischi che percorrevano il mondo (Cemento Atlantico) oppure entravano in un determinato tessuto naturale (Go Dugong, Washé), ma mai come in questo disco la commistione mi sembra l’unica via. A tratti sembra di sentire una sorta di tensione, di forza che trasforma un saltarello in un prigioniero in una gabbia digitale fino a fargli prendere nuova forma. Oppure un flauto ottomano che sembra imprigionato in una stanza serrata, dalla quale esce come un piccolo volatile dalla finestra per librarsi in cielo. Di che perderci la testa, sbattendola contro il muro fino ad arrenderci alla grandezza ed alla comunione delle note e delle arie che trasformano il globo in un’antica Pangea. Non c’è fine, con beats digitale che trasformano le voci portoghesi in una sorta di scat trasognato e free. Un canto tradizionale turco di Smirne si trasforma in un sogno martellante, prima di rientrare sul taksim di Federico Pascucci e del suo sax tenore. Playing the Folk è un viaggio estremamente intrigante nella mente di Roberto Fega, cucitore e curatore di un insieme che è molto più della somma delle parti." Vasco Viviani, Sodapop, 2024.
"(...) Che il presente e buona fetta di probabile futuro, di apertura e accoglienza un bel niente par ne voglian sapere, mi pare fatto assodato.
Fega (ci) ricorda, che il mondo possiede infinite voci, ed ognuna, parla e canta come incanto, e questo è un regalo, che aiuta (aiuterebbe), a comprender un niente in più, prima di tornar ad esser polvere sfaccendata.
E se ben lo vai a sentire, quel canto + o -, sempre di sudore e fatica è intriso, da ovunque esso provenga.
“Playing The Folk”, ricorda tutto questo, ci aggiunge quel che vi è da aggiunger, fra strumenti e voci di pertinenza (Valerio Mileto, Federico Pascucci, Juliana Azevedo, Massimiliano Felice, Mubin Dunen, Selen Capaci), il tutto rimestato avant/elettronicamente, come un Cuba Libre di quelli carichi a morire.
C’è gioia ed un pizzico di tragedia sotto ogni cenere ardente (massaggiatevi le orecchie con, Saltarello e Wind).
Amore, cura, rispetto, poi, immaginar un’oltre questo tempo.
Atto a suo modo politico, luce contro tenebra. Voto: 8/10." Marco Carcasi, Kathodik, 2025.
01 _ Gaza Kids Voices 5:12
Valerio Mileto’s audio, he plays a taksim, with oud
02 _ Oriental Sunrise 5:42
Federico Pascucci’s audio, he plays a taksim, with tenor sax
03 _ Inside The Head 6:45
Jiuliana Azevedo Maralto choir’s audio plays Uirapuru (traditional Portuguese)
04 _ Ah Bir Ataş Ver 5:39
Selen Çapaci’s audio, she sings traditional Turkish Smirne song, Valerio Mileto’s audio, he plays a taksim, with oud
05 _ Tô 6:51
Juliana Azevedo’s audio, she sings Tô
06 _ Accents 5:17
Valerio Mileto’s audio, he plays a taksim, with oud
07 _ Saltarello 5:13
Massimiliano Felice’s audio, he plays a saltarello, with diatonic accordeon
08 _ Wind 7:09
Mübin Dünen’s audio, he plays Turkish ney and sings
09 _ Kaleidoscope 3:37
Juliana Azevedo’s audio, she sings Vai Menina Amanhã de Manhã
10 _ Drama Köprüsü 5:27
Selen Çapaci’s audio, she sings traditional Turkish Smirne song
11 _ Magical Atmosphere 7:40
Federico Pascucci’s audio, he plays a taksim, with tenor sax
(C) + (P) 2024
Roberto Fega _ electronics
From the liner notes: "My love for ethnic music leads me, this time, to deconstruct themes and songs from ethnic and popular music. The contributions which I manipulate come from musicians who are researchers of ethnic and folk music: Federico Pascucci (Italy), Juliana Azevedo (Portugal), Selen Çapaci (Turkey), Valerio Mileto (Italy), Mubin Dunen (Kurdistan) and Massimiliano Felice (Italy)".
"(...) In uscita per Setola di Maiale, l'album Playing the folk di Roberto Fega con uno spirito di 'trasformazione'. Outsider, underground e personaggio off della musica sperimentale europea, Robero Fega ( electronics) ci delizia con il suo nuovo cd. Siderale e concettuale, le undici perle scavano in profondità creando una indimenticabile figura, complessa e misteriosa. A guidare il flusso ondulato, poliritmico e ambiguo in termini di genere della musica beat organica in continua evoluzione di Fega, è una strategia non molto lontana da quella impiegata da Miles Davis su On The Corner. Qui, momenti da continue performance improvvisate. Gaza Kids Voices e Inside The Head si dividono tra un sound Warp e la lezione spiazzante di Makaya McCraven, Accents è avanguardia, mentre Drama Köprüsü e Magical Atmosphere sono un omaggio a Joe Zawinul e al suo (pensiero) etno jazz futurista. Playing the folk è unico rispetto a qualsiasi altra registrazione del 2024: unisce musicalità virtuosa, esperienza tecnologica, un acuto orecchio da editor per l'ispirazione creativa e una pletora di groove onnipotenti. I contributi che manipola provengono da musicisti ricercatori di musica etnica e popolare come Federico Pascucci (Italia), Juliana Azevedo (Portogallo), Selen Çapaci (Turchia), Valerio Mileto (Italia), Mubin Dunen (Kurdistan) e Massimiliano Felice (Italia). Roberto Fega è decisamente interessante la cui musica creativa altamente originale fonde jazz, hip-hop, elettronica e tradizioni ritmiche globali. Sorprendente." Windout, 2024.
"(...) Come già detto in precedenti occasioni, l’arte della de/ri-costruzione nasconde molte insidie che spesso si rivelano insostenibili. Grazie all’appiglio filosofico di Deleuze nella musica del secondo novecento si è aperto un solco di creatività e di esperimenti che hanno visto nel mezzo tecnologico il loro driver discriminatorio; la problematica della manipolazione elettronica non ha portato sempre buoni frutti e l’attuale, imperante de/ri-costruzione che gira intorno alla musica di tutto il mondo non sembra appropriarsi di particolari concetti di bellezza. Per dirla in breve, il mezzo tecnologico porta l’estetica fuori binario.
Nel suo Playing The Folk, Roberto Fega cerca di mantenere un ponte efficace tra i temi della musica popolare e l’atto della manipolazione e non fa certo parte dell’area musicale di cui accennavo prima; la sua è un’operazione rispettosa, che si nutre di frammenti musicali di cantanti e musicisti-ricercatori di folk e musica popolare di altri paesi, un’operazione che porta con sé anche una mentalità del far musica e della vita. La selezione degli autori che Fega prende in considerazione non è casuale, si basa evidentemente sull’ascolto e sul rinnovo delle risorse e stavolta è andata nella direzione degli italiani Federico Pascucci, Valerio Mileto e Massimiliano Felice, della portoghese Juliana Azevedo, del turco Selen Capaci e del cantante Mubin Dunen del Kurdistan; probabilmente Playing The Folk può considerarsi un outtakes dei due volumi di Folk!, contiene delle piccole perle come l’iniziale Gaza Kids Voice, in cui la sostanza techno è perfettamente amalgamata con i frammenti di taksim e oud tratti da una canzone di Mileto e la vocina in eco di un bambino; oppure come i quasi sette minuti di Inside The Head, dove il battito e il campionamento reggono armonicamente una struttura modificata di un coro tradizionale portoghese che proviene dalle risorse di Azevedo; o ancora come Salterello, in cui Fega con genialità tiene uniti i frammenti di una danza popolare ‘rubata’ a Massimiliano Felice e una fisarmonica diatonica.
Playing The Folk stuzzica probabilmente l’attuale presa di coscienza di Fega sui fatti del mondo, realizzando con sagacia una classificazione degli ambienti che ha due facce, una inquieta e l’altra che vive in pace una finzione." Ettore Garzia, Percorsi Musicali, 2024.
“(…) Roberto Fega è un musicista autentico e innovativo, costantemente impegnato in esperienze artistiche caratterizzate da una profonda ricerca. La sua sensibilità gli consente di assorbire influenze da diversi ambiti musicali, dal jazz all’elettroacustica. Il suo ultimo album, Playing The Folk, pubblicato dalla label Setola di Maiale, rappresenta un affascinante e originale viaggio sonoro.
Questo lavoro nasce dall’amore di Fega per la musica etnica, che lo ha spinto a decostruire temi e canzoni appartenenti a questa tradizione, così come a quella popolare.
Undici tracce, caratterizzate da ritmi fluidi e poliritmi, danno vita a un percorso intricato e affascinante, in continua evoluzione, offrendo un’esperienza sonora unica.
In apertura, Gaza Kids con Valerio Mileto all’oud è una traccia che fonde texture elettroniche con le melodie destrutturate del cordofono. Questo brano combina suoni scoppiettanti e voci sparse, creando un’atmosfera tumultuosa. Il risultato è un caos distorto, un’istantanea di un’esperienza che sembra fuori controllo.
Oriental Sunrise è una composizione avvolgente, che si sviluppa attorno alle armonie del sax tenore di Federico Pascucci. Man mano che la traccia progredisce, le sonorità si fanno sempre più sintetizzate, creando un’esperienza immersiva in cui la fusione di elementi musicali la rende straordinariamente affascinante e in grado di stupire l’ascoltatore.
Accents è una composizione audace e pulsante, che unisce l’oud e l’elettronica in un dialogo ossessivo e coinvolgente. Questa formula, dal potente impatto sonoro, si evolve in un susseguirsi di ronzii, voci modulate e impulsi elettronici altamente imprevedibili, culminando in un finale ambizioso e profondamente sperimentale.
Wind è un paesaggio sonoro rarefatto in cui si manifesta il suono del ney turco di Mübin Dünen. Questa composizione si presenta come una preghiera avanguardista, caratterizzata da frequenze radio che trasformano e amplificano l’espressività della voce di Dünen.
Playing The Folk è l’album più inquieto di Roberto Fega, un’opera avventurosa, appassionata e altamente originale che fonde jazz, hip-hop, elettronica e tradizioni ritmiche globali, creando un’esperienza musicale unica e coinvolgente.” Mario Ariano, Radioaktiv, 2024.
“(…) Tra il lavoro etno-antropologico di Lomax e la visione emotiva di My Life in the Bush of Ghosts, il musicista romano prosegue un’elaborazione che è suono, concetto e passione politica, raccogliendo i suoni del mondo con il contributo di antenne sensibili (Valerio Mileto, Federico Pascucci, etc.). Ri/compone un mosaico dove la tradizione ha il significato mahleriano di fuoco da tenere acceso. Che sia glitch (Gaza Kids Voices), trans-dub (Magical Atmosphere), elettronica etno (Ah Bir Ataş Ver), pixel dispersi di funk globale (Tô), passano subito e sempre le vibrazioni di esistenze in lotta e che aspirano a ben altro. L’uso del digitale non è autoptico, non ricostruisce un mosaico statico, crea invece una fitta rete di connessioni neurali sensibili agli stimoli del presente terribile che viviamo, alle nostre memorie. Un’opera dialogante con ognuno di noi, viva, che ci interroga. [7.8]” Dionisio Capuano, BlowUp, 2024.
"(...) Del passato musicale di Roberto Fega ci siamo occupati spesso su queste pagine. L’immagine di copertina del suo ultimo disco presenta due mani che si intrecciano, quasi ad esprimere un codice che non conosciamo, in un gesto di comunicazione non strettamente rivolto a noi. Roberto spiega come il suo amore per la musica etnica lo abbia portato a decostruirne in questo frangente temi e canzoni, manipolando contributi audio di musicisti che fossero anche ricercatori nell’ambito della musica folk ed etnica: Federico Pascucci, Juliana Azevedo, Selen Çapaci, Valerio Mileto, Mubin Dunen e Massimiliano Felice. Così facendo Roberto si è assicurando una banca musicale speziata ed eterogenea, che ha poi utilizzato per creare una sorta di suite in più movimenti, dove il jazz esonda e si fa musica fantascientifica, portando la tradizione direttamente nel futuro. La tromba imperversa fra saporti mediorientali passando attraverso collettori che ne distorcono contesto e tappeto. Francamente difficile non uscirne ubriacati ed ancora più complicato è tenere il timone su una sorta di viaggio, nel caso fosse quello il progetto di Playing the Folk: sembrerebbe al contrario una commistione in un mare magnum sonoro come può esserlo quello dei popoli che su questa terra si sono dispersi. Il tutto è trattato e mantecato in un lingo che ha molto del sentore dub, che confonde e fa perdere le sue tracce. Siamo in una modernitâ nella quale digitale e tradizionale non hanno che la coabitazione come scenario possibile, parlando con voci che sono le medesime. Mi è capitato più volte ultimamente di ascoltare dischi che percorrevano il mondo (Cemento Atlantico) oppure entravano in un determinato tessuto naturale (Go Dugong, Washé), ma mai come in questo disco la commistione mi sembra l’unica via. A tratti sembra di sentire una sorta di tensione, di forza che trasforma un saltarello in un prigioniero in una gabbia digitale fino a fargli prendere nuova forma. Oppure un flauto ottomano che sembra imprigionato in una stanza serrata, dalla quale esce come un piccolo volatile dalla finestra per librarsi in cielo. Di che perderci la testa, sbattendola contro il muro fino ad arrenderci alla grandezza ed alla comunione delle note e delle arie che trasformano il globo in un’antica Pangea. Non c’è fine, con beats digitale che trasformano le voci portoghesi in una sorta di scat trasognato e free. Un canto tradizionale turco di Smirne si trasforma in un sogno martellante, prima di rientrare sul taksim di Federico Pascucci e del suo sax tenore. Playing the Folk è un viaggio estremamente intrigante nella mente di Roberto Fega, cucitore e curatore di un insieme che è molto più della somma delle parti." Vasco Viviani, Sodapop, 2024.
"(...) Che il presente e buona fetta di probabile futuro, di apertura e accoglienza un bel niente par ne voglian sapere, mi pare fatto assodato.
Fega (ci) ricorda, che il mondo possiede infinite voci, ed ognuna, parla e canta come incanto, e questo è un regalo, che aiuta (aiuterebbe), a comprender un niente in più, prima di tornar ad esser polvere sfaccendata.
E se ben lo vai a sentire, quel canto + o -, sempre di sudore e fatica è intriso, da ovunque esso provenga.
“Playing The Folk”, ricorda tutto questo, ci aggiunge quel che vi è da aggiunger, fra strumenti e voci di pertinenza (Valerio Mileto, Federico Pascucci, Juliana Azevedo, Massimiliano Felice, Mubin Dunen, Selen Capaci), il tutto rimestato avant/elettronicamente, come un Cuba Libre di quelli carichi a morire.
C’è gioia ed un pizzico di tragedia sotto ogni cenere ardente (massaggiatevi le orecchie con, Saltarello e Wind).
Amore, cura, rispetto, poi, immaginar un’oltre questo tempo.
Atto a suo modo politico, luce contro tenebra. Voto: 8/10." Marco Carcasi, Kathodik, 2025.
01 _ Gaza Kids Voices 5:12
Valerio Mileto’s audio, he plays a taksim, with oud
02 _ Oriental Sunrise 5:42
Federico Pascucci’s audio, he plays a taksim, with tenor sax
03 _ Inside The Head 6:45
Jiuliana Azevedo Maralto choir’s audio plays Uirapuru (traditional Portuguese)
04 _ Ah Bir Ataş Ver 5:39
Selen Çapaci’s audio, she sings traditional Turkish Smirne song, Valerio Mileto’s audio, he plays a taksim, with oud
05 _ Tô 6:51
Juliana Azevedo’s audio, she sings Tô
06 _ Accents 5:17
Valerio Mileto’s audio, he plays a taksim, with oud
07 _ Saltarello 5:13
Massimiliano Felice’s audio, he plays a saltarello, with diatonic accordeon
08 _ Wind 7:09
Mübin Dünen’s audio, he plays Turkish ney and sings
09 _ Kaleidoscope 3:37
Juliana Azevedo’s audio, she sings Vai Menina Amanhã de Manhã
10 _ Drama Köprüsü 5:27
Selen Çapaci’s audio, she sings traditional Turkish Smirne song
11 _ Magical Atmosphere 7:40
Federico Pascucci’s audio, he plays a taksim, with tenor sax
(C) + (P) 2024